SCULPTURE CULTURE
Interview with Mariano Goglia
"Abbiamo visto nascere il tema fantastico - lo spunto per una storia - da una singola parola. 
Ma si è trattato, più che altro, di un'illusione ottica. In realtà, non basta un polo elettrico a suscitare una scintilla, ce ne vogliono due.  La parola singola "agisce" solo quando ne incontra una seconda che la provoca, la costringe a uscire dai binari dell'abitudine, a scoprirsi nuove capacità di significare. Non c'è vita, dove non c'è lotta."  scrive Gianni Rodari. ​​​​​​​
Tale principio, applicato alla narrazione letteraria, può facilmente essere impartita alle arti figurative e ben illustra l'attitudine creativa con cui Mariano Goglia si avvicina alla scultura.
Con Goglia, difatti, il binomio vita/lotta si declina in quell'eterno duello tra pietra e scalpello, tra la forma nascosta nel marmo e quella già partorita dall'artista, già prima di intaccare la materia. E se Rodari parla di parole (due, perché ne servono due per "suscitare la scintilla"), con Goglia si potrebbe parlare di due differenti, ma allo stesso tempo coesistenti, modi di intendere l'opera ed i significati che in essa si dischiudono. Partiamo dalla superficie  tattile-ottica della figurazione. Mariano inizia da una forma naturalistica che pian piano si spoglia degli attributi dell'eccedenza, del non essenziale, per approdare ad una sintesi espressiva minimale. Si parla qui di superficie ottica, ma allo stesso tempo tattile.
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